pianeta donne

Sfruttamento sessuale e traffico delle donne in India

di Annie Raja
segretaria generale della National Federation of Indian Women e vice-presidente della Women’s International Democratic Federation (Widf/Fdif)

Il traffico delle donne è un fenomeno mondiale, ma nei paesi asiatici esso assume dimensioni allarmanti a causa di vari fattori socio-economici. Circa due milioni di persone sono soggette al traffico internazionale (questo dato non comprende quello all’interno dei confini nazionali). Ciò determina conflitti sociali, degrado dei valori familiari e individuali e abusi su donne e bambini nelle forme più crudeli. Tale preoccupante situazione richiede maggiore consapevolezza a livello dei governi e dei movimenti non governativi nell’affrontare il problema e impedire il commercio umano, specialmente di donne e bambini.
La Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine transnazionale organizzato, adottata dall’Assemblea Generale dell’Onu il 15 novembre 2000 ed il susseguente Protocollo, che contiene la prima definizione concordata di “traffico umano”, la Dichiarazione dell’Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico (ASEAN) contro il traffico delle donne e dei bambini sottoscritta in Laos il 29 novembre 2004, la Dichiarazione di Bruxelles sulla prevenzione e la lotta al traffico di esseri umani adottata dal Consiglio Europeo l’8 maggio 2005, sono alcuni dei passi significativi verso uno sforzo coordinato a livello internazionale per combattere questo fenomeno criminoso.


Le condizioni delle donne in India e Asia

Da donna attivista, penso che il traffico di donne nei paesi asiatici, soprattutto nel subcontinente indiano, abbia senso doppio: per una parte può essere definito “terrorismo sessuale” e per l’altra migrazione a scopo di lavoro forzato.
Lo sfruttamento sessuale si è sviluppato in un business – detto commercio di carne umana - comunemente promosso in grande stile sotto il nome di turismo sessuale. Esso è stato proposto dalle agenzie internazionali come una strategia di sviluppo. Il turismo sessuale ha un network di agenzie turistiche internazionali con una catena di hotel e servizi connessi. Accade che da Myanmar attraverso la Tailandia, o dalle  campagne della Tailandia attraverso i loro confini, le donne in cerca di lavoro, finiscano nel business del piacere in Giappone. Ma accade anche che  molte ragazze lascino le loro case in Sri Lanka, Indonesia, Filippine, Bangladesh, Nepal, India per andare a lavorare come collaboratrici domestiche e finiscano invece in situazioni in cui sono spesso soggette ad aggressioni sessuali e alla prostituzione. Spesso sono reclutate attraverso un giro vizioso che ha legami con la malavita. Finiscono col diventare prigioniere ed è molto difficile che queste donne sfuggire alle grinfie dei loro aguzzini. Il commercio di carne umana ha legami col sottobosco politico-criminale e muove una grande quantità di denaro.

L’impatto della globalizzazione sul traffico umano

C’è una profonda connessione tra globalizzazione e traffico di donne per lo sfruttamento sessuale e altre forme di sfruttamento del lavoro. Questo è un fatto stabilito nello scenario del Sud Asia. C’è stata la femminilizzazione della povertà e come effetto, per esempio, donne del Bangladesh e del Nepal sono state vendute all’India in numero considerevole. Secondo la Commissione Nazionale per i Diritti umani dell’India nel 2004, ogni anno circa 40mila ragazze sono state trafficate da Bangladesh e Nepal all’India.

La globalizzazione è un importante fattore che sta dietro l’aumento dei tassi di traffico negli ultimi 25 anni. I poveri sono quelli che stanno peggio, e le donne soffrono ancora di più.  Le politiche economiche neoliberiste perseguite dai governi portano alla povertà, lo sviluppo squilibrato e disparità salalriali. Questi sono alcuni dei fattori che stanno alla base della migrazione forzata, che rendono le donne più vulnerabili a sfruttamenti di ogni tipo. Il rapporteur speciale delle Nazioni Unite sul Diritto all’alimentazione Jean Ziegler visitò l’India nel 2005 e presentò un report con rivelazioni sorprendenti sulla situazione della fame, malnutrizione e insicurezza alimentare in India. Salri agricoli in caduta, crescente perdita di proprietà e crescenti prezzi dei prodotti alimentari hanno duramente minato il diritto al cibo nelle campagne indiane con la disponibilità di cereali che cade a 152 kg pro capite, 25 kg meno degli anni ’90. Povertà e non disponibilità di lavoro sono un’importante ricaduta delle politiche di globalizzazione. In India oltre l’80% della popolazione vive con un reddito di meno di mezzo dollaro al giorno.

Ragioni socio-economiche

Il problema del traffico umano è molto correlato con la povertà. La pressione della povertà e il bisogno di sopravvivenza spingono le donne in maniera “consenziente” o forzata nel traffico. Nella maggior parte dei casi esse sono adescate con promesse di lavoro in terre lontane (nel loro paese o all’estero) solo per finire con l’essere intrappolate in situazioni di sfruttamento sessuale.
La discriminazione sociale perniciosa legata al sistema delle caste in India e in altri paesi dell’Asia meridionale, l’analfabetismo tra le donne e le superstizioni dell’anzianità che sono maggiormente dirette contro le donne che sono soggette al traffico e alla prostituzione. Sopravvivono alcune pratiche sociali attraverso cui le donne sono consacrate alle divinità (sistema Devadasi in India) che le rendono prostitute virtuali.

Casi di studio

Alcuni casi di studio fatti da un team di ricerca nello stato del Bengala occidentale può dare un’idea della natura del traffico umano. “Protima Das in una famiglia povera ha finito col lavorare nel commercio sessuale tramite un uomo che sua madre trattava come un fratello. Costui aveva prima attirato Protima fuori casa con la promessa di un lavoro ben retribuito come cameriera nella casa di un uomo ricco e poi la spinse nell’area a luci rosse. Quando l’uomo portò via Protima da casa pagò ai suoi genitori 5mila rupie e assicurò che lei avrebbe mandato loro dalle 200 alle 250 rupie ogni mese”. Se questo denaro sia realmente mandato o no, il team di ricercatori poté accertarlo. Protima disse loro: “Mio padre è morto, mia madre è vecchia e sta perdendo la vista. Io trovo pace nel pensare che le 200 rupie che io mando possano alleviare le difficoltà della mia famiglia”.
(Dalla ricerca su “Interrelazione tra empowerment delle donne e traffico di donne e bambini”, di Bela Bandopadhyaya, Scuola di Women’s Studies, Università di Jadavpur, Kolkata 2005).
La storia di Molly offre un’altra prospettiva. Ella ha detto: “Quando avevo otto o nove anni, mio padre mi portò via da casa e mi vendette ad un uomo di Mumbay. L’uomo di portò a Mumbay e mi rivendette a certi magnaccia dell’area di Kamatipura. Le tenutarie di un bordello femminile volevano portarmi via tutto il denaro che facevo”. I trafficanti sono generalmente gente non sconosciuta. Possono essere parenti lontani, vicini di casa, di cui la famiglia ignora l’attività di trafficanti e le intenzioni nascoste.
Uno studio fatto da una Ong, la Durpan Mahila Samity di Kolkata, mostra che il 51% dei trafficanti sono donne.

Consuetudini indiane

Oltre alla promessa di lavoro con la remissione regolare dal salario della ragazza, alla famiglia povera viene spesso offerta dal trafficante una proposta di concordare un matrimonio della ragazza senza dote (cioè una somma di denaro, talvolta alta, è versata alla famiglia del promesso sposo da quella della sposa – una consuetudine diffusa in molte parti dell’India). E’ interessante come il trafficante mascherato, spesso un amico, un vicino, coinvolto in questo giro, perfino aiuta la famiglia della sposa dandole il denaro per  la cerimonia di nozze, il che può chiamarsi il prezzo della sposa. Una volta avvenuto il matrimonio, lo sposo, che può essere lo stesso trafficante o un suo amico, porta via la ragazza e la vende.
Sicché spesso capita che l’offerta di un lavoro o di matrimonio è una maniera per catturare la rsgazza, un imbroglio. La dura realtà è che la ragazza venduta spesso esce di casa con la persona con un sogno di una vita migliore, solo per realizzare più tardi che è stata ingannata. Così una ragazza innocente cade nella trappola del traffico umano.
Il traffico è divenuto un lucroso business che non richiede alcun investimento. In un anno si possono guadagnare 650mila rupie, pari a 15mila dollari o più, dal commercio di una donna. E in questo commercio è coinvolto un giro di persone, dai criminali, ai burocrati, alla polizia, e così via. Ognuno prende la sua parte o tangente. Alcuni di essi vengono corrotti e perciò nonostante le leggi previste contro il traffico, questo mercato della carne umana è così fiorente.


Lavoro sottopagato e traffico

In India la seconda categoria di traffico umano è per il lavoro nero. Una serie di agenti che portano queste ragazze fuori dai loro villaggi nelle città più vicine e infine nelle metropoli dell’India. Una volta che raggiungono la stazione un’altra cricca di persone le attende. Queste ragazze sono ora consegnate ad un’agenzia di collocamento che dovrebbe trovare loro un lavoro e qui comincia una nuova fase di sfruttamento. “L’agenzia di collocamento trova loro un posto e prende dal datore di lavoro due mesi di salario come tangente, oltre al 10% del salario delle ragazze ogni mese. Il salario è nei fatti spesso pagato direttamente all’agenzia dal datore. Questo conviene ad entrambi perché la ragazza è così effettivamente sottopagata. Queste ragazze sono costrette a lavorare in condizioni disumane e anche sessualmente sfruttate. Il numero delle ragazze soggette a questo tipo di  traffico dalle zone tribali più arretrate dello stato di Jharkhand è stimato intorno alle 300mila.


Discriminazione di genere

Oltre all’abbietta povertà, la bassa posizione sociale delle donne nella società indiana è essa stessa un fattore alla base del commercio umano. Una donna è considerata un peso. Per questa ragione i tassi di feticidio e infanticidio femminile in India sono così alti.  La proporzione tra i sessi è allarmante dato che ci sono tante bambine in meno, alle quali non si consente di nascere. Con la crescente cultura consumistica, una conseguenza dell’economia globalizzata, la dote e le spese del matrimonio hanno raggiunto dimensioni allarmanti. Al momento della nascita di una figlia, i genitori sono preoccupati per le spese del suo matrimonio. In più, la struttura patriarcale e la tradizione convincono il padre che “il suo più alto dovere è sposare la figlia prima della pubertà, cosa che spiega il fenomeno delle spose bambine nell’India rurale”. E’ un obbligo sociale. Nonostante l’esistenza di leggi contro il matrimonio infantile, la pratica è ancora diffusa nelle aree rurali dell’India.
La stessa ragazza si convince che suo padre non sarà mai in grado di darle una dote e farla sposare. Ma lo stigma di avere una figlia non sposata in casa resta incollato alla famiglia. Nessuna meraviglia che i genitori poveri e le loro figlie siano regolarmente abbindolati in matrimoni fraudolenti che sono solo il primo passo che porta alla  vendita sul mercato della prostituzione o alla schiavitù sessuale. Anche quando le ragazze lasciano la casa per il lavoro, è sempre con la speranza che un giorno ci sarà abbastanza denaro per pagare la dote e sposarsi. La possibilità per una ragazza di restare nubile, per scelta o per necessità, è semplicemente inaudita. Anche le donne, comprese le figlie, considerano il matrimonio il più importante obiettivo della loro vita.
Chiaramente finché queste tradizioni non saranno superate ed eliminate i genitori non penseranno che valga la pena di educare le figlie ad essere indipendenti e metterle in condizione di essere autosufficienti. Fino ad allora le giovani donne di famiglie povere continueranno ad essere vittime dei trafficanti e del commercio di carne umana.
Anche le ragazze provenienti da famiglie benestanti, in cerca di una vita più lussuosa e agiata, sono attirate nel traffico umano.
“Ogni tipo di violenza contro le donne, la cui forma estrema è il traffico, non è solo un atto criminale perpetrato ai loro danni. Esso copre l’intera gamma dello sfruttamento, discriminazione, iniquità economica e sociale, creazione di un clima di terrore e minaccia, e tutto ciò che nella società indiana è supportato e incoraggiato da rapporti di potere socio-economici dominati da valori semifeudali e patriarcali. Senza abbattere queste strutture, i problemi delle donne, compreso il traffico umano, non potranno essere risolti” (Ibid).

Che cosa fare?

La sottoscrizione di  dichiarazioni sull’empowerment delle donne, per qunato siano un passo positivo nella giusta direzione, non significa di per sé la liberazione delle donne. La situazione nel subcontinente indiano e in Asia è ben lontana dagli obiettivi dell’empowerment femminile.
Oltre al vecchio sistema patriarcale di valori che produce la subordinazione delle donne nella società indiana e le spinge fuori dalle loro case, le donne non sono abbastanza emancipate da affermare i loro diritti di proprietà. Esse sono spesso deprivate delle loro proprietà con la connivenza del sistema legale. Inoltre anche se a una donna viene assegnata una proprietà, essa resta sulla carta: in effetti ella non ha il controllo della proprietà e non difende i suoi diritti.
A livello di villaggio, il Panchayat (amministrazione locale) non gioca un ruolo effettivo nel monitorare le donne scomparse o vendute, poiché non c’è un sistema di registrazione o cose simili. La macchina di governo locale dovrebbe tenere un’anagrafe delle persone emigranti: registrare i nomi e la destinazione di queste potenziali vittime sarebbe un primo passo per impedire che si perdano definitivamente. Ugualmente registrare le identità degli amici-parenti-vicini tramite i quali le ragazze sono indotte a lasciare il villaggio, dev’essere anche responsabilità del Panchayat. Nell’ambiente di campagna dove ci si conosce tutti, anche questo potrebbe servire da deterrente contro il traffico umano”.
Infine la maggior parte delle donne nelle zone rurali ignorano le leggi che sono state promulgate per tutelare i diritti delle donne, come il Decreto anti-dote, la Legge contro il matrimonio dei bambini, la Legge contro la violenza domestica, eccetera. La conoscenza della legge può essere efficace solo se le donne sono istruite.
Perciò il passo determinante è un’istruzione universale e democratica. Questo non dovrebbe rimanere solo teoria. E’ tempo di renderla effettiva soprattutto attraverso adeguati stanziamenti da parte dei governi. E’ anche necessario motivare le famiglie ad educare le ragazze all’autodeterminazione. Le donne restano indietro rispetto agli uomini nelle tecnologie applicate perché non ricevono adeguata formazione. Di conseguenza per le ragazze essere autodeterminate significa cercare un lavoro di qualsiasi tipo e accettare situazioni in cui per lo più per ignoranza finiscono nel giro del traffico umano. Esse sono vulnerabili perché non hanno istruzione e coscienza politica, e anche perché socialmente segnate. Finché tutti questi parametri non saranno rettificati, la voce contro il traffico delle donne dovrà levarsi come un grido profondo.

(Trad. di A. Donno, 10/1/2010)

Nessun commento:

Posta un commento